giovedì 7 settembre, Ashgabat soltanto più una macchina, la nostra, solo più Michal ed io
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Sono le 8 meno 5 e ci dirigiamo verso le montagne.
Passiamo il primo controllo, non ci sono altre macchine, solo noi. Chiediamo se sono passati altri italiani ultimamente e ci dicono che quest'anno sono
passati due americani e un francese..
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Sono molto emozionata e lo scenario è davvero inconsueto e sconcertante. La strada, bella, pulitissima e deserta si snoda tra montagne spoglie e scoscese. Per tutto il lungo percorso
c'è divieto di sorpasso e quindi quando raggiungiamo un camion davanti a noi, rallentiamo l'andatura per un bel pezzo. Si sale parecchio. Il cielo è
limpido, terso, l'aria fresca.
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Siamo a 2000 metri, in frontiera. Sbrighiamo (anzi io sbrigo, solo chi guida deve scrivere i moduli) in poco tempo le pratiche di uscita e lasciamo
rapidamente il Turkmenistan. Con la spilla da balia mi appunto l'enorme foulard
e voltandomi vedo, gigantesca, l'ultima maxi-fotografia del presidente.
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Entriamo nella frontiera dell'Iran. Una costruzione moderna, impiegati in giacca e cravatta, qualcuno parla inglese. Andiamo subito nell'ufficio della banca e purtroppo ci dicono
che non prendono, non cambiano gli euro.
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Saliamo negli uffici della dogana e cominciamo a fare le pratiche, ci dicono che mandano a chiamare qualcuno che
dal paese vicino venga a cambiarci i soldi. Intorno a noi continua a girare e a farci da interprete russo-persiano un ragazzo un pò ingobbito, senza un braccio, con la
giacca viola che gli spenzola tragicamente e che parla balbettando un pò. Non può non venirci in mente che qui in Iran ci sono le pene corporali e sia a
Michal che a me verrebbe da chiedergli cosa ha rubato per farsi conciare così. Poi c'è uno, alto e grosso, con i capelli lunghi e unti che lo manda avanti
e indietro come se fosse il suo scagnozzo. Non riusciamo a capire con chi dobbiamo parlare, c'è una confusione pazzesca e poi di colpo invece non c'è più
nessuno e aspettiamo ore.
Finalmente nell'ufficio di sotto arriva un funzionario molto elegante, abbastanza giovane e che parla bene inglese, lo chiamiamo
Scattone perché assomiglia moltissimo al famoso accusato del delitto della Sapienza di Roma. Ci tranquillizza parlando con calma e autorevolezza degli
atti d'ufficio da espletare e poi ci tramortisce dicendoci che dobbiamo
pagare circa 500 euro per la tratta che percorreremo e per la quale usufruiremo del diverso prezzo del gasolio. Se avessimo avuto anziché un visto di
transito, un visto turistico (ma avremmo dovuto trovarci un invito o prenotare degli alberghi) e il carnet de voyage avremmo evitato questa tassa.
Michal che tra ieri e oggi ha mangiato circa un kilo di noccioline comincia a sentirsi male. Troviamo un bagno (bellissimo e pulitissimo) che purtroppo è
alla turca e lì non usano la carta igienica, e non c'è nemmeno un gancio dove poggiarla, così io lo aspetto fuori dalla porta per passargliela poi al momento opportuno. Intanto mi guardo nello
specchio e mi faccio le foto col telefonino, non fa molto caldo (qui siamo a 2000 metri) e portare l'ijab mi fa sentire speciale...
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Dopo che è arrivato il tipo che ci cambia i soldi e che ne ha portati una quantità industriale e che dopo aver cambiato non ci molla più e continua a
proporci altri cambi, con aria piagnucolosa e al contempo strafottente (gli hanno insegnato le tecniche), e dopo che abbiamo pagato allo sportello la
tassa, di colpo la situazione precipita.
Arriva Ululalà (chiamiamo così il traduttore perché abbiamo scoperto che è identico al gobbo del film
Frankestein junior che dice che il lupo ululalà) e ci dice che bisogna andare giù in paese a fare l'assicurazione. Mi sembra tutto molto strano, ci
lasciano uscire/entrare senza assicurazione? Andiamo con l'unto e il cambista in motoretta e ulululà in macchina con noi. Scendiamo la ripida strada, i
tornanti, passiamo la sbarra senza che nessuno ci dica nulla, fino al paese.
Entrano tutti in un ufficio orrendo e l'unto scrive un foglietto e dice a Ulululà di dirci che fa 180 dollari... Mi infurio, gli
dico che non li pago che torno in frontiera e che l'assicurazione l'ho già fatta là. Cominciano a raccontare un sacco di balle, c'è il cambista che ha
fatto tutta la strada.. ma che c'entra? Torniamo in macchina, passiamo di nuovo la sbarra e nessuno ci dice nulla, saliamo di nuovo in frontiera, all'ufficio ci fanno vedere i fogli firmati, chiediamo la fotocopia, poi ci confermano che l'assicurazione la dobbiamo pagare a loro, che sono gli
assicuratori. Tiro fuori 100 dollari, ululalà li prende e ci sentiamo fregati.
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C'è un gregge che attraversa la strada.. lo accompagna un bambino. Non avrà più di 6 anni!
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come è chiarissimo dal cartello (!?!), stiamo arrivando a Gochan che è la prima città che incontriamo. Decidiamo di fermarci a dormire qui. Tira un vento
folle, come apri la portiera ti investe una folata di sabbia perforante.
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Per la strada le donne fanno paura, hanno quasi tutte un chador nero lungo fino
ai piedi che col vento vola da tutte le parti e sembrano tetre figure infernali. Mi raccomando con Michal di non fare le foto alle donne, ho letto che è
vietato e anche pericoloso.
Facciamo due giri rendendoci conto che sarà impossibile trovare un
albergo, qui è scritto tutto in arabo.. Chiediamo a uno e quello si agita come se avesse preso una scossa, a gesti e in stentato inglese ci dice di
aspettarlo, lui va un secondo a casa e poi torna e ci accompagna, è talmente agitato che lo guardiamo stupefatti. Si mette a correre in un cortile. Ci
guardiamo, che facciamo?
Lo aspettiamo. Dopo un minuto d'orologio lo vediamo che arriva correndo, Michal fa per scendere e aprirgli la porta dietro, ma
non fa in tempo, come apre quella davanti, lui si proietta dentro la macchina, quasi in braccio a Michal che non sa più se ridere o incazzarsi.
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Va beh, partiamo, Michal
è seduto sul cambio. Lui continua a dire hhhhotel, hhhhhhhotel, e parlando in arabo mi indica dove andare. Entriamo in centro città, una strada piena
all'inverosimile di macchine, rumori, negozi, luci, motorette, gente, colori. Sono frastornata, ho paura di non capire qualcosa, di mettere sotto
qualcuno, facciamo circa 1 kilometro e lui, mostrandoci un portoncino ripete per 10 volte hhhhhhotel nur.
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Posteggio, scendiamo, dico piano a Michal di dargli la
mancia, Michal dice di no, pensa che si offenda, io insisto, lui apre il portafoglio e l'altro si avvicina e tutt'altro che offeso, con un sorriso fino
alle orecchie, avvicina il naso al portafoglio,
Michal lo apre, sceglie un biglietto, lui gli dice no, no komeini, komeini e sceglie lui il biglietto (con komeini sopra) e sorridendo e inchinandosi e salutando se ne
va. Noi sembriamo due deficienti.
Io non credo che quello sia un albergo. Chiudiamo la macchina ed entriamo in un cortile polveroso che sembra che scenda la calce dal cielo, in
mezzo c'è un enorme fico e sotto c'e' un letto di ferro con una che dorme. Sentendoci arrivare si alza e ci viene incontro.
hotel?
Si capisce che è un albergo dai gesti che fa, le parole sono arabo, ci fa vedere la stanza, sembra la cella di una prigione, ma sembra anche pulita, ci
piace, anche il costo, al cambio, 3 dollari. Le chiediamo per la macchina se c'è un parcheggio, lei è geniale, il parcheggio non c'è, ma ci indica che
se vogliamo ci dà la stanza rivolta sulla strada così ci possiamo guardare la macchina da noi e intanto anche lei apre il portafoglio di Michal e gli
prende un altro biglietto, questa è più cara, ci sono tre letti. 5 dollari. Va bene, ci fa vedere il bagno nel cortile, ci riempe le mani di fichi
polverosi. Le chiediamo come si chiama l'hotel, mostrando l'insegna lei ripete hotel nur, hotel nur, leggendo l'incomprensibile scritta luminosa come se fosse assolutamente
chiara.
Scarichiamo quasi tutta la macchina poi andiamo a mangiare. Io comincio a non poter più sopportare il chador, mi prude tutto, la testa, il naso, la faccia, il
collo, mi sembra che mi venga una crisi isterica.
Prima di lasciare la via dove c'è l'albergo mi copio pari pari il nome della via, se ci perdiamo posso far vedere la scritta...
Giriamo l'angolo e ci troviamo nella via principale, sembra la strada maestra di una qualsiasi cittadina di provincia, briosamente gremita di gente. I negozi
coloratissimi, sgangherati ma pieni di roba, notiamo che non c'è nessun prezzo
esposto, che comunque non sapremmo leggere. Che peccato che non avevamo previsto di passare di qui e non ci siamo nemmeno studiati le basi della
lingua. Trent'anni fa io ho dato un esame di arabo all'università, ma l'unica cosa che mi è rimasta in mente è l'inizio della prima sura del Corano
bismi 'llai hramani hraimi, cll alla h ahadn
Già l'ho recitata a Buchara nella scuola coranica e mi hanno chiesto se ero musulmana, ora la sentiamo spesso, passando davanti alle moschee dove suona una sirena
fortissima e all'altoparlante qualcuno comincia così la preghiera
Michal mi prende la mano. Ma sei pazzo? Qui uomini e donne non si devono toccare in pubblico, lui ride, ma intanto osserviamo incuriositi, le ragazze
tutte nere, sembrano quasi in uniforme, è incredibile e poi.. le vediamo in una profumeria che fanno le prove dei profumi, le vediamo nei negozi di
vestiti, pieni di camicette sgargianti, abiti con i pizzi e merletti, le vediamo nei negozi di biancheria.. Sembra assurda una situazione così. E poi
vediamo gli uomini a passeggio tenendosi per mano.. Ma non una coppia, tante, quasi tutti, di ogni età.
L'ijab, il mio foulard mi fa impazzire, mi gratto la fronte, grugnisco, poi incrocio lo sguardo con le ragazze che passano sorridenti, qualcuna ci chiede where
are you from? Noi rispondiamo Italia e loro sorridono e scappano. Che strano, si accorgono che siamo differenti, eppure io sono tutta bardata come una
suora di clausura, Michal ha i pantaloni lunghi, ma sì forse è il colore dei suoi capelli, della sua pelle, così chiara.
Voglio comprare una sim, cerchiamo un negozio di telefoni, ne troviamo uno che però poi ce ne indica un altro, lui lì ha solo i telefoni per chiamare,
non ne vende. Nel negozio giusto riusciamo a spiegarci, il tipo parla inglese, ma dopo un minuto nel negozio ci sono 20 persone tutte accalcate intorno a
noi che aiutano, interrompono, consigliano.. le sim ci sono di due tipi, per chiamare solo in Iran e per chiamare anche l'estero e costano uno
sproposito.. circa 50 dollari più la ricarica. Non la compriamo. Li lasciamo tutti sorridenti e disponibili, quasi mi dispiace. Poi riprendiamo la
passeggiata sempre più increduli e sconcertati.
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I poliziotti fanno multe per divieto di sosta, poi a uno gli si ferma la macchina sulla via e lo aiutano a spingere
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Un tipo tutto infarinato esce da una pasticceria con un plateau di bomboloni, incrocia i nostri sguardi e
ci offre i suoi dolci sorridendo, non sappiamo cosa fare, cosa dire, lui insiste, accettiamo. Se ne va. Proseguiamo, mangiamo un gelato, compriamo da
bere, poi vogliamo uscire con le bottiglie ma ci dicono che non si può, il vetro è a rendere, non si può portare, nemmeno comprare.. Poi ci ferma uno
che parla un perfetto inglese, ci chiede se abbiamo trovato un buon albergo, anche lui è un turista, un iracheno. Chiaccheriamo un pò. Lui ama molto
l'Iran, ci viene spesso d'estate quando torna in Iraq a trovare la famiglia, ora che abita da dieci anni ad Amsterdam. Lavora in un progetto ecologico, si
è laureato a Baghdad in geografia. Ci accompagna in un ristorante, ci aiuta a farci servire, poi deve tornare perché ha ordinato una pizza e deve
andarla a ritirare. Ci mettiamo d'accordo che domani lo portiamo fino a Mashhad, la sua prossima meta.
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Aspettiamo di essere serviti e vicino a noi seduto, con le gambe penzoloni, su un tavolo-letto, c'è un tipo sorridente che ci saluta e ci dice in inglese
di bere lo yogurth arabo, il latte acido, che è buono. Ok, lo proviamo e allora lui va dentro a ordinarli. Poi torna, si siede di nuovo e ci racconta che
il suo amico con la moglie e sua moglie sono andati a seguire le funzioni. A lui non gliene importa niente, quindi non ci è andato, poi nella moschea fa
caldo. E ride, ma ride proprio di gusto. Poi si alza e va in una grande macchina posteggiata lì davanti e chiama Alì, Alì, vieni. Ci presenta il suo bambino che dormiva in
macchina. Poi ci racconta, ha un altro figlio, Edmund, anche lui, ora, nella moschea, e una figlia sposata che sta a Booboo sul mar Caspio. Loro sono di
Persepolis e stanno andando a trovarla.. E' simpatico, molto allegro. Quando tornano la moglie, l'altro figlio e gli amici si siedono tutti a mangiare,
facciamo la fotografia..
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Lui non mi ricordo più come i chiama, Alì, Edmund, Zahfarjan la moglie (Zahfarjan è anche il nome di una città in Uzbekistan)
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Anche il padrone del ristorante vuole una foto, mi chiede se gliela spedisco poi...
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Andiamo a dormire, sono stremata. Ci addormentiamo subito. Dopo qualche ora sento bussare alla porta, ma forte... Chiamo Michal, non si sveglia. Non
capisco. Penso di essermi sbagliata. Dopo un minuto riprendono.... salto sul letto. Michal bussano, forte, ci hanno rubato la macchina! Non può che
essere quello. Intanto alla porta non smettono, Michal si infila i pantaloni e apre. La polizia. Hanno in mano i nostri passaporti. Ma perche? Mi alzo anch'io, mi
vesto, non metto lo scialle e vado alla porta. Quello, a gesti ci chiede cosa facciamo.. cosa facciamo? dormiamo. Ci mostra i passaporti, gli facciamo vedere
i visti. Ma perché in camera insieme? Ma che cosa dice? .. non riesco a realizzare cosa voglia. Poi di colpo ho un'illuminazione. Siamo
sposati, gli faccio vedere la fede. Era quello, ma non ci crede, lui ceco, lei italiana. Nel passaporto non c'è scritto che siete sposati. Perché nei vostri passaporti c'è scritto se
due sono sposati? Poi mi viene in mente che nella carta d'identità c'è scritto coniugata, Maruska. Gliela mostro, telefona, si allontana, poi torna. Ok
e se ne va. Noi siamo sconvolti, ci guardiamo in faccia senza parole e torniamo a dormire
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venerdì 8 settembre, Gochan una macchina, la nostra, solo più Michal ed io
Ci svegliamo presto, continuiamo a pensare a questa notte. Sono offesa, arrabbiata, mi metto il foulard e mi infurio ancora di più.
Sulle scale c'è un colombo
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Michal carica la
macchina, aspettiamo il nostro amico iracheno, io chiacchiero con la tipa dell'hotel e con suo padre. Si fa per dire, chiacchiero, a gesti, mostrando la cartina le spiego il nostro viaggio,
lei mi riempie le mani di fichi, poi ne porta ancora. Facciamo la foto
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